
La scultura, tradizionalmente associata alla forza e alla presenza monumentale, è stata a lungo plasmata dalle dinamiche di genere e dalla storia. Sin dai suoi albori, questo linguaggio artistico è stato dominato da scultori uomini, la cui produzione era caratterizzata da opere vaste, muscolose ed eroiche, forme forgiate dalla forza bruta che rispecchiavano le realtà sociali e fisiche del loro tempo. Eppure, in questo contesto patriarcale, le scultrici hanno costantemente ridefinito il medium, trasformandolo in modi sottili e profondi.
Camille Claudel, scultrice francese pioniera, ha rotto con le tradizioni accademiche e le convenzioni di genere. Le sue opere, ricche di intimità e profondità psicologica, evidenziano il fondamentale contributo delle donne alla scultura. Nonostante la sua figura sia stata spesso oscurata dalla sua relazione con Rodin, l’eredità di Claudel testimonia la potente connessione tra l’artista e il materiale, lasciando un’impronta indelebile che continua a influenzare gli scultori contemporanei.

Guardando alle artiste contemporanee, vediamo pratiche che si collegano a questa tradizione, pur spingendo i confini di ciò che la scultura può esprimere. Le loro opere esprimono una forza nei materiali, nelle forme e nelle storie, proprio come le innovazioni delle scultrici del passato, come Ruth Asawa e Niki de Saint Phalle.
Tra gli artisti contemporanei, la scultrice francese Clémentine de Chabaneix mescola sapientemente i suoi molteplici talenti – dal disegno alla pittura, fino all’incisione – nelle sue raffinate sculture in ceramica, dando vita a un corpus di opere poetiche e visionarie. Con un approccio giocoso ma al contempo essenziale, costruisce un universo ricco di immaginazione, dove forme, storie e dettagli intricati si intrecciano in un dialogo affascinante.

Clémentine Bal utilizza la scultura per dare vita a personaggi immaginari, fondendo insieme forme ispirate alla natura. Le linee pulite, le espressioni meditative e le posture delicate di queste creature conferiscono loro una morbidezza che è al contempo affascinante e serena. Bal percepisce lo spirito in ogni cosa, facendo emergere volti su vulcani, oggetti e piante, dove i materiali inerti si animano lentamente, strato dopo strato.
Le figure di Moe Nakamura, scolpite a mano nel legno di camphora, parlano con una voce sottile ma carica di significato. Le loro forme morbide e gli sguardi introspettivi catturano un’intimità rara per la scultura—un’atmosfera onirica e profondamente umana. Il lavoro di Nakamura riflette la forza emotiva delle tradizioni scultoree dell’Asia orientale, dove l’arte scultorea non è solo un atto tecnico, ma un’esperienza spirituale: un lento svelarsi dell’essere.

L’approccio di Chishi Morimura richiama quasi un’esplorazione archeologica, come se stesse riportando alla luce frammenti di una memoria antica.
Le sue opere pittoriche, incredibilmente dettagliate e suggestive, attingono al concetto giapponese di wabi-sabi, che celebra la bellezza dell’imperfezione e la transitorietà della vita. Spesso popolati da animali, piante e paesaggi onirici, i suoi lavori sono intrisi di una sensazione di leggerezza e di magia silenziosa.
Il legno spiaggiato su cui dipinge si trasforma nel narratore di una storia, con la sua forma naturale che funge da base per le delicate figure di Chishi, create con polvere di conchiglie e pigmenti naturali.
Juli About lavora con la porcellana, un materiale fragile e prezioso, unendolo a un’esplorazione poetica del corpo, dell’intimità e dello spazio che ci circonda. La sua ricerca esplora il confine tra il corpo e il paesaggio, mettendo in luce la pelle come punto di contatto sensibile, un’interfaccia che svela il dialogo invisibile tra il mondo interiore e quello esterno.
Profondamente coinvolta nei temi della femminilità, About crea opere che danno voce all’esperienza delle donne e sostengono campagne contro la violenza, con lavori che toccano profondamente e risuonano emotivamente.
Aya Kakeda è un'illustratrice e artista ceramista di fama internazionale, conosciuta per i suoi mondi incantati abitati da creature surreali e oniriche. Il suo lavoro fonde l’immaginazione giocosa con un’incredibile attenzione ai dettagli, trasformando ricordi d’infanzia e influenze letterarie in vividi e affascinanti racconti. Esplorando continuamente nuovi materiali e forme, porta la sua creatività illimitata alla vita sia in due che in tre dimensioni.
Lei Xiaohan, Ai Haibara, and Kanako Ozawa.
Allo stesso modo, tre artiste recentemente presentate alla Dorothy Circus Gallery di Roma e Londra — Lei Xiaohan, Ai Haibara e Kanako Ozawa — esplorano con raffinata sensibilità la complessità del linguaggio scultoreo. Lei Xiaohan e Ai Haibara plasmano superfici e volumi con un tocco profondamente tattile, dando vita a opere che si collocano a metà tra oggetto e presenza. Kanako Ozawa, invece, ci guida in un mondo sospeso, in cui la scultura si fa meditazione silenziosa sulla fragilità e sulla permanenza.
Le loro pratiche offrono una riflessione intensa e poetica su temi come la memoria, la materia e la dimensione spirituale che attraversa la forma.
A Londra, la mostra personale Small Livings in Our Daily Life della scultrice giapponese Kanako Ozawa propone una serie di opere in tecnica mista che superano con leggerezza i confini tra bidimensionale e tridimensionale. Le sue composizioni, essenziali e sottilmente evocative, richiamano una sensibilità animista: figure senza volto, simili a spiriti, sembrano emergere e abitare i vuoti del quotidiano.
Per approfondire il suo universo poetico, vi invitiamo a leggere l’intervista rilasciata dall’artista per Dorothy Circus.
INTERVISTA A KANAKO OZAWA
1) Le tue sculture e i tuoi dipinti sembrano dialogare tra loro. Quando inizi a creare una nuova opera, parti dalla forma, dalla texture o da una sensazione astratta? E come cambia il tuo processo tra il lavoro bidimensionale e tridimensionale?
Quando inizio a lavorare a una nuova opera, parto spesso dalla pittura. Talvolta è il movimento dei segni a emergere per primo, ispirato da una scena quotidiana; altre volte, invece, sono le pose dei personaggi a imporsi alla mia immaginazione. Li osservo in silenzio, a lungo, cercando di cogliere i pensieri, le emozioni, i desideri e le tensioni che abitano quel mondo in divenire. Riguardando le opere una volta concluse, ho sempre più la sensazione che i personaggi nei dipinti si muovano con una libertà più spontanea rispetto a quelli nei disegni.
D’altra parte, nelle opere tridimensionali avverto qualcosa di profondamente diverso: sembrano animarsi con un movimento silenzioso, come una lieve espansione causata dal respiro o dal calore di un corpo vivo—e trovo questa sensazione estremamente affascinante. In questo momento, sono particolarmente concentrata sulla ricerca di un “respiro vitale” all’interno delle mie creazioni. In futuro, mi piacerebbe sviluppare sempre più opere capaci di trasmettere quel senso di presenza e di “realtà” che solo la tridimensionalità riesce a comunicare pienamente.
2) Il concetto di ma — la bellezza dello spazio vuoto — è centrale nell’estetica giapponese. In che modo lo integri consapevolmente nelle tue composizioni, e quale ruolo gioca nel determinare l’impatto emotivo delle tue opere?
Nell’arte giapponese, il ma non è un semplice vuoto, ma uno spazio carico di tensione spirituale e di silenzio.
Personalmente, non lavoro con l’intento preciso di creare un ma perfetto dall’inizio alla fine. Tuttavia, quando dipingo, ci sono composizioni, vuoti e momenti di quiete che per me risultano naturali — e proprio per questo li considero molto preziosi.
Ripensando ai miei ricordi, mi accorgo che in ogni scena vissuta esisteva una sorta di ma, come se “ciò che è” non potesse esistere senza “ciò che non è”. Oggi riesco a descrivere tutto questo grazie al concetto di ma, che ho conosciuto solo in età adulta. Ma anche da bambina, prima ancora di saper dare un nome a questa idea, osservavo spontaneamente il mondo con questo stesso sguardo.
Credo che nell’arte esistano due tipi di ma: uno che nasce in modo naturale, quasi involontariamente, e un altro che viene costruito e posizionato con intenzione.
Entrambi sono affascinanti, naturalmente, ma sento che il primo esprime più autenticamente il respiro interiore dell’artista. Quando questo tipo di ma emerge nei miei lavori, credo sia perché dentro di me c’è già quello spazio — perché il mio ritmo interiore e la mia spiritualità sono profondamente radicati nella cultura giapponese.
Vorrei rispondere ad alcune delle vostre domande sul ruolo del ma all’interno del mio lavoro.
1) L’assenza di informazioni troppo dichiarate o esplicite permette allo spettatore di concentrarsi prima sull’opera, e poi su se stesso.
Sento che lo spazio vuoto agisce lentamente, e col tempo apre un varco all’immaginazione, offrendo nuovi spunti interiori.
2) Proprio come nella musica le pause fanno risaltare il suono, anche nel linguaggio visivo il ma crea un ritmo: introduce silenzi, tensione o attesa. Credo che queste pause aiutino a costruire una sorta di “narrazione” e a generare una risposta emotiva nello spettatore.
3) Il ma invita a entrare con calma nel mondo dell’opera, ad abitarlo lentamente.
E più tempo si trascorre in quello spazio, più si inizia ad avvertire “una presenza”, qualcosa che non si vede ma si percepisce.
Tuttavia, credo che questa presenza emerga solo se, dentro di noi, c’è la disponibilità ad accoglierla — una sorta di “spazio nel cuore” per farle posto.
Alcune persone trovano difficile apprezzare opere molto essenziali, perché non offrono indizi immediati da “decifrare”.
Ma proprio in quell’apparente vuoto risiedono le cose che, con il tempo e la predisposizione giusta, possiamo iniziare a vedere.
A volte capita anche a me di non sentire nulla di particolare in uno spazio di ma.
In quei momenti mi rendo conto che “la mia mente è troppo piena, non c’è spazio”.
Così, il ma diventa per me uno specchio che riflette il mio stato interiore, una bussola che mi orienta.
(Ci sarebbero molte altre cose da dire sugli effetti del ma, ma per ora ho voluto concentrarmi su questi aspetti.)
Contemporaneamente, a Roma, la Galleria ha ospitato la doppia mostra personale di Ai Haibara e Lei Xiaohan —
Due scultrici contemporanee unite dall’uso del legno come materiale principale, ma che sviluppano espressioni artistiche profondamente differenti.
Le loro opere offrono una riflessione profonda sull’identità, la natura e il mondo interiore. Le sculture dipinte di Haibara raccontano un equilibrio armonico tra l’essere umano e l’ambiente naturale, mentre i dipinti intensi di Lei trasformano l’infanzia in un universo mitico, fatto di percezioni amplificate e poetiche. Per approfondire il loro lavoro, condividiamo con voi le più recenti interviste rilasciate dalle artiste alla Dorothy Circus.
INTERVISTA A LEI XIAOHAN
1 ) Usi tecniche e materiali molto diversi tra loro, passando con disinvoltura dal disegno alla pittura fino alla scultura. C’è un linguaggio che senti più tuo? Se sì, quale e perché?
Mi sento particolarmente legata ai materiali naturali, come l’argilla e il legno: sono grezzi, ma pieni di vitalità. Quando lavoro su carta, scelgo matite e pastelli: mi piace costruire le forme attraverso le linee, e adoro il fatto che anche le cancellature lascino tracce — proprio come ogni momento vissuto, che in qualche modo resta per sempre.
2) Le creature a cui dai vita nelle tue opere sono affascinanti e ci trasportano in un mondo onirico. Spesso sono accompagnate da animali che sembrano essere i loro compagni di avventure. Come emergono queste figure nella tua immaginazione? Le pianifichi e studi in anticipo, o prendono forma spontaneamente durante il processo creativo?
Nella vita quotidiana, immagini e storie scorrono costantemente nella mia mente, come un film d'animazione senza fine. Quando una figura o un movimento mi colpiscono, li disegno subito con linee disordinate. Per le sculture, rifinisco le forme man mano che lavoro, a volte prendendo ispirazione da animali reali. A volte creo una piccola maquette in argilla per vedere se la forma mi sembra coinvolgente. Le emozioni di questi personaggi si chiariscono gradualmente durante il processo.
3) C'è stato un momento o un evento nella tua vita che ha avuto un ruolo significativo nel plasmarti, sia come persona che come artista, o che ti ha forse portato a diventarlo? Se sì, saresti disposta a condividere con noi questa parte del tuo percorso?
Mio nonno era un uomo comune, un lavoratore, ma aveva una passione per l'arte che non si è mai spenta. Dopo essere andato in pensione, ha cominciato a fare sculture in argilla, riempiendo una piccola stanza della sua casa con queste opere fatte a mano. Quando ero bambina, passavo molto tempo a giocare con l'argilla in quella stanza. Quando mi iscrissi all'università per studiare scultura, lui ne fu felicissimo. Ma purtroppo, poco dopo aver iniziato l'università, mi lasciò. Quando era in ospedale, completamente incapace di riconoscere chi fossi, gli mostrai le piccole sculture goffe che avevo fatto e lui annuì felice.
Molte volte, quando creo sculture, mi sembra di onorare quelle persone che non posso più vedere, i tempi che non torneranno mai più, e di sfogare emozioni che non hanno altra via di espressione.
Non avevo mai pensato di diventare un'artista professionista fino a quando non stavo per laurearmi. Poi incontrai una docente che credeva molto in me. Pensava che avessi la sensibilità per essere un'artista. Così trascorsi un'estate nel suo studio. In quel periodo conobbi molti artisti professionisti. La loro vita e il loro stile di lavoro, liberi e focalizzati sull'auto-espressione, mi fecero desiderare quella stessa libertà. Decisi che avrei affrontato la mia vita e la mia creazione con quella stessa attitudine, qualunque cosa avrebbe riservato il futuro.
INTERVISTA AD AI HAIBARA
1) Ci puoi raccontare come è nata la tua passione per l'arte e, in particolare, come ti sei avvicinata alla scultura in legno? Qual è stato il percorso che ti ha portato a scegliere questa forma di espressione?
Durante la mia adolescenza ero molto depressa e, all'età di 15 anni, ho deciso di vivere la mia vita facendo solo ciò che mi piaceva, senza conformarmi alla società. In quel periodo, c'erano molte opere di manga, illustrazioni e romanzi che esprimevano il mondo che volevo raccontare, ma non esistevano opere di scultura che lo rappresentassero, così ho deciso di creare sculture tridimensionali.
Se non c'erano opere (o visioni del mondo) che volevo vedere (o che desideravo), avrei creato io stessa quelle opere! È così che è iniziato tutto. Volevo avere il mio mondo. Volevo realizzare sculture più morbide, leggere, che avessero un'atmosfera che si fondeva nell'aria (come l'atmosfera di un libro illustrato). Volevo creare uno spazio con opere che dessero vita a quella stessa atmosfera.
2) Gli elementi naturali come fiori, piante, acqua e aria appaiono spesso nelle tue sculture. C'è un elemento in particolare con cui ti senti particolarmente connessa o che consideri fondamentale per il tuo lavoro? Se sì, quale e perché?
L'animismo è profondamente radicato nella vita giapponese, e credo che le mie opere ne siano influenzate. Mi interessano vari fenomeni, come la natura e le forme e le azioni degli animali e delle piante. Desidero esprimere, attraverso le mie sculture, l’informe (come il fuoco, l’acqua, le nuvole, la luce, l’aria) e l’invisibile (come la spiritualità, le emozioni, l’atmosfera, ecc.). Sebbene crei una varietà di oggetti, ciò che mi interessa maggiormente è l'atmosfera che questi riescono a generare.
3) Qual è il legame che senti tra te e il materiale che utilizzi nelle tue opere? Cosa rappresenta per te il legno e come influenza la tua pratica artistica?
Lavoro con il legno perché amo le piante, ma anche perché è il materiale più adatto a esprimere l'atmosfera che desidero creare nelle mie opere. Non è troppo duro come la pietra, né troppo morbido come l'argilla, ma ha la giusta combinazione di durezza e calore per il mio lavoro. Inoltre, il legno può vivere per migliaia di anni. Poiché l'albero è arrivato a me dopo essere stato abbattuto, spero che possa continuare a vivere altri mille anni come opera d'arte.
Queste mostre offrono uno sguardo sulle prospettive uniche delle donne nella scultura contemporanea, evidenziando l’impegno continuo della Galleria nel promuovere il dialogo interculturale e nel dare voce alle espressioni poetiche di artiste telentuose all'interno del panorama artistico internazionale.